lunedì 29 ottobre 2007

IL BORGO DI CASAPUZZANO-Un luogo la cui atmosfera va preservata




Ogni qual volta porto qualche amico, conoscente, turista, a Casapuzzano, questi rimane colpito dalla bellezza del Castello Ducale, con i suoi comignoli, gli stemmi nobiliari, le iscrizioni in marmo che raccontano di epoche lontane, lo strano, prezioso connubio tra un’architettura che fonde in sé il carattere delle costruzioni aristocratiche con le forme essenziali del mondo rurale.
In questo luogo si respira un’atmosfera diversa.
Chi è abituato a sopravvivere nell’asfissiante labirinto dell’enorme periferia napoletana, nei disastri causati da geometri e amministratori disattenti e senza buon senso, vicino ai centri commerciali che, chissà perché, in Campania crescono come funghi (sempre di più, sempre più iper), giunto a Casapuzzano rimane catturato dalla sua atmosfera: è come se la sua architettura gli offrisse non solo un momento di sosta piacevole, ma un ristoro per lo spirito.
E’ questa la caratteristica dei luoghi antichi, la cui storia ci parla attraverso segni, odori, in cui è ancora possibile assaggiare il sapore delle relazioni.
Il borgo di Casapuzzano ha una sua anima e la offre generosa agli occhi del passante, anche quello più disattento, che se ne innamora, che la fa sua.
Malgrado i maltrattamenti all’intorno e i danni impressi da scelte barbariche, è il respiro di quest’anima che sussurra la sua presenza. E pare quasi di sentire le voci, innumerevoli, della sua storia.
Il borgo ha subito - e continua a subire – colpi, ferite sempre più gravi, da parte delle istituzioni che per prime hanno consentito la costruzione di palazzine inverosimili, brutte, sciatte, dai colori che stridono con il contesto e rompono l’atmosfera dell’intero sito.
Ci chiediamo perché gli abitanti non si siano opposti. Se ancora sentono, con lo stesso spirito di un viaggiatore qualsiasi, la magia di questo luogo.
Perché nessuno ha manifestato dissenso di fronte a scelte cosi bizzarre, mediocri, feroci?

L’ultimo dissennato atto risale a poche settimane fa, quando il palazzo del Marchese di Bugnano viene assalito, demolito in gran parte, dalle ruspe.
L’edificio sorge nella piazza dedicata al poeta, vate del bello,Virgilio.
I denti metallici dei caterpillar si sono mossi freddi e spietati per il paese: in pochi giorni - tra lo sgomento silenzioso dei cittadini - hanno raso al suolo il complesso.
Poi una tregua. L’intervento dei carabinieri, non tempestivo ma efficace. Il cantiere viene fermato.

In quei giorni, al bar della piazza, un raro luogo di cortesia e umanità, si sentivano i commenti delle persone. Incredulità nelle parole e negli sguardi. Qualcuno parlava di dolore, “di malessere fisico”, insopportabile.
Distruggere un luogo è distruggere la memoria dei suoi abitanti. Cancellare in un attimo i ricordi, collettivi, pubblici, privati.
Distruggere un luogo è impoverire, affamare i suoi abitanti.
D’improvviso si è tutti più vuoti, spaesati, violati.

In questi giorni alcuni cittadini hanno urlato la propria indignazione denunciando, segnalando alle autorità competenti, quelli che in molti hanno definito “un’atto di vandalismo legalizzato”.
L’indignazione deve continuare a muoversi, ad agire per la difesa del bello, della storia, delle persone!
La civiltà deve vincere sulla sete di soldi, sull’affarismo dei palazzinari!
Non è solo una speranza, è un grido, un richiamo, una sentenza.

Antonio D'Agostino

domenica 28 ottobre 2007

IL BORGO DI CASAPUZZANO NEL MIRINO DEI PALAZZINARI di Titti Beneduce (domenica 28 ottobre 2007 - Corriere del Mezzogiorno)


NAPOLI — C’è un castello medievale con il cammino di ronda ancora intatto e
i comignoli che svettano lungo il percorso. C’è una piazzetta con i tigli,
le panchine e la fontana. C’è, insomma, un antico borgo contadino che in un
altro Paese sarebbe tutelato e valorizzato. A Casapuzzano, frazione di Orta
di Atella, invece, lo si sventra. Di fronte al castello sorgeva, fino a
poche settimane fa, il palazzo del Marchese di Bugnano. Lo ha in parte
demolito la società che lo ha acquistato per realizzare appartamenti: 54, è
scritto nella concessione, ma c’è chi dice che c’è in programma di
costruirne molti di più. Un paio di giorni fa sono arrivati i carabinieri e
hanno sequestrato il cantiere, riscontrando difformità tra i lavori e la
concessione. Ma proprio questo è il punto: la concessione. È possibile che
si autorizzi la costruzione di un alveare di cemento in un piccolo centro
storico? Accadeva negli anni Settanta e soprattutto dopo il terremoto del
1980, quando, con la scusa della ricostruzione, la camorra faceva affari da
miliardi di lire col cemento. Ma oggi, nel 2007?

Una risposta si può trovare nelle ultime vicende di Orta di Atella, che da
piccolo centro agricolo del Casertano si è trasformata in città dormitorio
grazie al boom dell’edilizia. Lo scorso 8 maggio un terremoto scosse la
Regione Campania. Angelo Brancaccio, ex sindaco di Orta di Atella,
consigliere regionale Ds e segretario dell’ufficio di presidenza della
Regione, fu arrestato dai carabinieri di Caserta. L’inchiesta della Procura
di S. Maria Capua Vetere portò in carcere anche un agente della polizia
giudiziaria della stessa Procura, un imprenditore edile e un tecnico del
Comune di Orta di Atella; altri due tecnici finirono agli arresti
domiciliari. Peculato, corruzione, favoreggiamento, rivelazione di segreto
d’ufficio, calunnia, truffa, falso ed estorsione i reati contestati a vario
titolo agli indagati. Quelli ipotizzati per Brancaccio si riferivano al
periodo in cui era sindaco. Il politico, poi confluito con tutto il suo
gruppo nell’Udeur, è accusato di aver «strumentalizzato la funzione
pubblica a fini di personale strapotere», brigando per avere «informazioni
riservate su inchieste a carico suo e dei suoi elettori», minacciando un
cittadino «costretto a consentire la costruzione di un immobile di fronte
alla sua abitazione — scrive il gip Paola Piccirillo nell’ordinanza di
custodia cautelare — con minacce portate personalmente dal sindaco».
Brancaccio, in sostanza, è accusato di avere chiesto e ottenuto cospicue
tangenti in cambio di concessioni edilizie sconsiderate e fuorilegge.
Successivamente, gli è piovuta sul capo anche l’accusa di calunnia nei
confronti di un sottufficiale dei carabinieri. Nel Comune di cui è stato
sindaco Angelo Brancaccio e di cui oggi è sindaco Salvatore Del Prete, che
per anni di Brancaccio è stato il vice, non deve dunque stupire che si sia
autorizzata la costruzione di un alveare in un antico borgo contadino. Ma
c’è un’altra domanda alla quale pure bisognerebbe rispondere. La formula don
Paolo Gaudino, da otto anni parroco della chiesa di San Massimo: «Da dove
viene questo fiume di denaro che si sta riversando nella nostra cittadina e
che viene impiegato quasi esclusivamente per l’edilizia?». Nonostante
l’intervento dei carabinieri, che hanno bloccato il cantiere del Palazzo del
Marchese, don Paolo è pessimista: «È come un assedio. Una volta aperta una
breccia, lo sfondamento può tardare, ma è inevitabile. Mi chiedo dove sia lo
Stato. Costruire può anche significare portare sviluppo, ma non è quello che
sta accadendo qui. Questi non costruiscono: devastano, sventrano,
stravolgono il territorio». Chi raccoglie l’appello di don Paolo?